Granita, sorbetto o gelato?

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Granita, sorbetto o gelato?

 

Il gelato è uno degli alimenti che vanta più consensi,  accumunando  trasversalmente  età, classi sociali, luoghi e stagioni. Difficilmente infatti viene rifiutata l’offerta di un gelato. Ma il “favoloso dolce ghiacciato”, come lo chiamava ed ideava il Buontalenti nella Firenze rinascimentale, offre una gamma di sfumature, granite, ghiaccioli, creme e sorbetti, che meglio sia accordano con il gusto personale e di cui può capitare di confondere la definizione.

 

La granita

A ragione definita l’antenata del gelato, la granita è un composto semi-congelato preparato con una miscela di acqua e  zucchero, addizionata con succo di frutta o altro ingrediente come menta, mandorla o caffè. La sua consistenza deve essere a metà tra la cremosità del gelato e la granulosità del sorbetto dai quali si differenza anche perchè nel prodotto finale l’aria sarà completamente assente. Altro fattore discriminante tra i diversi dolci freddi è la quantità di zucchero. In generale, le granite devono contenerne poco, 25-35%., pena la trasformazione in sorbetto.

Nella preparazione è importante che la gelatura avvenga per gradi e in movimento, in modo che l’acqua non si separi sotto forma di cristalli di ghiaccio che rimangono privi dell’aroma zuccherato. Da qui l’uso della granitiera.

Servita tradizionalmente in bicchieri di vetro trasparenti,  la granita viene anche consumata “da passeggio”, servita in bicchieri di plastica, cartone plastificato o polistirolo, con cannuccia e cucchiaino.

 

La granita in Sicilia

Luogo di origine e culto della granita è la Sicilia, dove gli Arabi importarono lo sherbet o sharbat, bevanda ghiacciata tipica del Medio Oriente aromatizzata di solito con petali di rosa, legno di sandalo, limone, arancia o ananas. Per la preparazione si usava la neve raccolta in inverno sull’Etna, sui monti Peloritani, Iblei o Nebrodi e conservata nelle nivieri, costruzioni in pietra erette sopra grotte naturali o appositamente costruite. In estate il ghiaccio veniva prelevato, grattato e aromatizzato con sciroppi di frutta o di fiori. Alcune famiglie nobili possedevano delle case con degli anfratti naturali per riparare la neve dal caldo ed evitare che si sciogliesse. In estate la neve veniva prelevata, compattata e solidificata, veniva poi grattata, posta in un bicchiere e ricoperta di sciroppo di frutta e fiori.

Nel corso del 1500, la ricetta dello sherbet venne perfezionata grazie alla scoperta che la neve, mista a sale marino, poteva essere usata per congelare le preparazioni, trasformandosi così da ingrediente a refrigerante. Si scoprì, infatti, che il sale era in grado di abbassare il punto di congelamento. Nacque dunque il pozzetto, un  secchiello di zinco all’interno di un tino di legno, che poteva essere girato con una manovella. All’interno del secchiello in zinco si inserivano gli ingredienti: acqua, zucchero o miele, succo di limone o caffè . La miscela veniva rimestata con un movimento rotatorio per evitare la formazione di cristalli di ghiaccio troppo grossi. Solo nel XX secolo, il pozzetto manuale è stato sostituito dalla gelatiera.

Tradizionalmente la granita veniva accompagnata da pane fresco e croccante; nel tempo il pane è stato sostituito dalla tipica brioscia siciliana preparata con pasta lievitata all’uovo e dalla forma a base semisferica sormontata da una pallina (chiamata tuppu, coppola o naso) servita calda. Nasce così “A granita câ brioscia” tipica colazione dei Siciliani, soprattutto nelle zone di mare ed in estate.

 

Abitudine diffusa nei bar siciliani è anche quella di aggiungere piccole dosi di granita di limone al tè freddo, all’acqua minerale o alla birra. La granita di caffè viene invece unita al caffè freddo per ottenere il cosiddetto “mezzofreddo” siciliano, sostituto del caffè espresso nelle giornate estive.

I gusti  più tradizionali sono quelli al limone, alla mandorla, al cioccolato e al caffè, mentre nella Sicilia orientale si trovano granite alla cannella, al gelsomino e la “scursunera”, preparata con gelsomino e cannella. Molto diffusi nel Catanese sono il gusto al pistacchio (originario di Bronte), alla mandorla (la minnulata catanese, cioè mandorlata, su cui si versa un goccio di caffè caldo) a alla frutta: gelsi neri, pesca, fragola, mandarino e ananas.

A Messina dove la “mezza con panna” è la granita di caffè con panna servita in bicchiere,  è anche diffusa la granita di cioccolato; in provincia di Ragusa, in particolare nel modicano, è particolare la granita di mandorla abbrustolita; a Trapani e nel sanvitese è tipica quella al gelsomino, ottenuta dall’estrazione dell’essenza del fiore e la granita di gelsi neri.

Nel piccolo borgo costiero di Favazzina, nel reggino, è invece una consuetudine estiva la granita di fico e di fico d’india. Sia la granita di gelsi neri che quella alle mandorle, fanno parte dell’elenco stilato dalla Regione Sicilia dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani.

Dal 2012, ad Acireale, tra maggio e giugno,  si svolge la Nivarata, evento dedicato a alla degustazione della granita siciliana artigianale che prende il nome dai Nivaroli, gli antichi raccoglitori di neve. Un questa occasione gelatieri provenienti dalle diverse parti della Sicilia e non solo fanno gustare delle granite speciali, che in un concorso vengono giudicate dal pubblico e da una giuria tecnica.

Una curiosità: Nel territorio delle Madonie, precisamente a Piano Principessa a 1900 metri sopra il livello del mare vi è ancora una antica niviera, usata in alcune occasioni per preparare la granita in modo tradizionale.

 

La granita nel resto dell’Italia

Se pure di patria siciliana, la granita è consumata e prodotta in tutta la penisola, magari nominata in modi diversi; se infatti in italiano corretto il nome è  “ghiacciata”, a volte è chiamata impropriamente granatina, a Napoli è conosciuta come “rattata”, a Bari “grattamarianna”, mentre in Calabria è presente la “scirubetta”,  con succo di fichi.

In Sardegna si trova invece la carapigna,  miscela di acqua, zucchero e limone, che ha origine con l’industria del ghiaccio intorno al 1600, in epoca spagnola. Tipica delle zone interne della Sardegna, in particolare Aritzo, si presenta come un  sorbetto al limone, di colore bianchissimo e dalla caratteristica consistenza simile a quella della neve fresca.

Diversa è invece la grattachecca romana, ovvero ghiaccio grattato  a neve con un raschietto, con aggiunta di succo di frutta e altri aromi (come amarena, tamarindo, menta, orzata, cocco, limone) o anche pezzi di frutta fresca. Si differenzia dalla preparazione della granita, che si ottiene lavorando insieme da acqua e succo a basse temperature in modo da evitare la formazione di macrocristalli di ghiaccio. La checca era un tempo il grosso blocco di ghiaccio che poteva raggiungere un metro di lunghezza utilizzato per refrigerare gli alimenti. Si usa dire che più è lungo il blocco di ghiaccio più la grattachecca viene buona. Il raschietto per grattare il ghiaccio è provvisto di una camera vuota posteriore che consente di accumulare il ghiaccio. Il contenuto della camera è generalmente sufficiente per riempire un bicchiere.

La grattachecca romana nasce all’inizio del Novecento, come cibo “da strada” , nei chioschetti di Trastevere, che ancora oggi servono grattachecche fatte a mano. Il chiosco “Alla Fonte d’Oro”, nato nel 1913, è il più antico della città. Molti offrono invece la versione moderna della gratta checca, consistente invece  in cubetti di ghiaccio tritati con un tritaghiaccio elettrico ai quali viene aggiunto poi succo di frutta o sciroppo.

Il sorbetto

Nella preparazione del sorbetto ciò che conta molto è l’acqua, che non deve essere troppo ricca di sali minerali e che deve solidificare solo in parte restando per una percentuale liquida o microcristallizzata. L’aggiunta di zuccheri ha una duplice funzione: da un lato, mantenere parte dell’acqua in uno stato non solido grazie al suo potere anticongelante, dall’altro esaltare il sapore degli altri ingredienti solidi aggiunti. Occorre tenere conto dello zucchero già presente nella frutta. La gradazione della dolcezza varia a seconda della regione del mondo in cui ci si trova: mentre, ad esempio, in Marocco è apprezzata una quantità di zucchero pari al 20%, i Giapponesi ne sopportano al massimo un 10%.

Non si aggiungono invece latte e derivati, per cui i gusti alla frutta della Gelateria Il Bacio (ad eccezione del cocco), possono essere consumati anche da coloro che seguono un regime alimentare vegano o privo di lattosio. La frutta migliore per la sua preparazione è quella molto matura, il cui aroma è più intenso. Del caso della gelateria il Bacio la scelta della frutta migliore viene demandata al nostro fruttivendolo di fiducia, che si trova proprio sull’altro lato della strada, rispetto al nostro chiosco. Nostro proposito infatti è quello di offrire un prodotto fresco, di qualità e il più possibile legato al territorio. Per questo nei diversi periodi, scegliamo la frutta di stagione al giusto grado di maturazione.

Il gelato

Secondo il Dizionario di Scienza e tecnologia del Gelato Artigianale di  Luca Caviezel, si tratta di una .
preparazione alimentare composta da un insieme di materie prime semplici e semilavorate (zuccheri, latte, panna, uova, frutta, paste aromatizzanti) che mediante congelamento e contemporanea agitazione si addensa raggiungendo una certa consistenza e pastosità.
E’ un dolce meno ricco di zuccheri rispetto al sorbetto, ma più nutriente, perché prodotto con latte, la cui panna garantisce la cremosità, uova, che forniscono la lecitina in grado di emulsionare acqua e grassi, e miele, più compatto dello zucchero.

La parola gelato non esiste da “sempre”, ma viene introdotta solo nell’ ‘800 come aggettivo della parola sorbetto.
Il gelato artigianale merita un capitolo a se’ che ci riproponiamo di trattare in un prossimo articolo. Per il momento, che si preferisca la freschezza della granita, la dolcezza del sorbetto o la cremosità di un gelato, … buon appetito a tutti!

 

 

 


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